A.P. adiva il Tribunale di Palermo chiedendo il risarcimento dei danni alla persona subiti a seguito di un sinistro stradale, quale terza trasportata. Il Giudice di prime cure accoglieva parzialmente la domanda, imputando in capo all’attrice un concorso di colpa per mancato uso della cintura di sicurezza. Inoltre, il Tribunale escludeva l’esistenza di un danno patrimoniale da lucro cessante, per perdita del lavoro o riduzione della capacità di guadagno. La Corte d’Appello di Palermo rigettava il gravame proposto da A.P. e questa ricorreva per Cassazione mediante la formulazione di tre motivi. Per quello che interessa in questa sede, con il secondo motivo veniva dedotto che la Corte d’appello avrebbe errato nell’escludere che il danno patito da A.P. potesse avere ripercussioni sulla sua capacità di lavoro e di guadagno. La Suprema Corte ha rigettato il suddetto motivo, precisando come i postumi permanenti patiti dalla vittima potranno rendere solo più difficoltosa la prestazione lavorativa, senza impedirla in tutto od in parte: questo costituisce un danno biologico. “La maggiore difficoltà nello svolgimento del lavoro, senza ripercussioni sul reddito, è un danno di tipo biologico (lesione della cenestesi lavorativa), del quale tenere conto nella monetizzazione di quest’ultimo (ex multis, Sez. 3, Sentenza n. 5840 del 24/03/2004, Rv. 571461)”. Con il terzo motivo, si lamentava che la Corte d’appello avrebbe commesso l’errore di liquidare il danno alla salute con criteri diversi da quelli risultanti dalle tabelle uniformi predisposte dal Tribunale di Milano, da ritenersi l’unico corretto criterio di liquidazione. La Suprema Corte ha ritenuto detto motivo infondato per le seguenti ragioni. Ribadendo come, secondo consolidata giurisprudenza, per la liquidazione del danno biologico il Giudice di Merito sia tenuto a fare riferimento alle c.d. Tabelle del Tribunale di Milano, precisa anche come ove tali tabelle non siano state applicate è onere della parte formulare in appello uno specifico motivo di gravame allegando e provando che la liquidazione del danno eseguita sia meno vantaggiosa di quella che si sarebbe ottenuta applicando le Tabelle di Milano. In altre parole la Cassazione esclude che si possa per la prima volta dedurre in sede di legittimità la mancata applicazione delle Tabelle Milanesi, in quanto trattasi di domanda nuova, come tale affetta a inammisibilità.
Arce, lì 15 gennaio 2016
A cura dell’Avv. Emanuele Doria