“In caso di incidente stradale il danno morale, conseguente alle lesioni, va sempre provato, sia pure per presunzioni, non sussistendo alcuna automaticità parametrata al danno biologico patito. Ciò è tanto più vero nel caso di lesioni minori (micropermanenti), laddove non sempre vi è un ulteriore danno in termini di sofferenza da ristorare“.
Dunque, con la pronuncia in commento la Suprema Corte, rivede il proprio orientamento espresso con la recente sentenza n. 23793/2015, andando ad ampliare l’ambito di risarcibilità del danno morale anche con riguardo alle lesioni di lieve entità (non più le sole macropermanenti).
Questa impostazione è ‘dichiaratamente’ conforme alla sentenza n. 29191/2008, ove si afferma “l’autonomia ontologica del danno morale“, e la necessità di un suo accertamento separato e ulteriore.
Precisa la Suprema Corte che se si volesse limitare il danno morale alle sole lesioni macropermanenti (come affermanto nella succitata sentenza n. 23793/2015), si arriverebbe ad una incomprensibile differenziazione tra i danni di lieve entità derivanti da causa diversa da sinistro stradale, liquidati mediante ricorso al sistema tabellare equitativo, in virtù del principio di liquidazione totale del danno, e i danni da sinistro stradale che comporterebbero una minore tutela del danneggiato. Ne consegue che, anche in caso di danno da micropermanente deve ritenersi consentita la liquidazione del danno morale come voce di danno non patrimoniale, in aggiunta al danno biologico previsto dall’art.139 del codice delle assicurazioni private. Questo significa però che è il danneggiato ad essere onerato dall’allegazione di tutte le circostanze utili ad apprezzare la concreta incidenza della lesione patita in termini di sofferenza/turbamento e della prova degli stessi, anche mediante lo strumento delle presunzioni.