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La Costituzione è la cosiddetta Carta Fondamentale, le norme da cui è composta, 139 articoli, sono al vertice della “gerarchia delle fonti normative”, il che significa che tutte le norme del nostro ordinamento giuridico devono rispettare le norme ed i principi costituzionali. Quindi, le Leggi ordinarie (Leggi in senso stretto, Decreti Legge e Decreti Legislativi) sono sempre subordinate alla Costituzione. A loro volta le cosiddette norme secondarie, tra cui in primis i Regolamenti esecutivi approvati dal Governo, sono sempre subordinate alle Leggi ordinarie, dunque anche alla Costituzione. E’ chiaro quindi il ruolo di supremazia che la Costituzione riveste nell’ambito del nostro ordinamento giuridico. Per questo motivo, la stessa all’art. 138 prevede un procedimento “aggravato” per la propria modifica, si tratta di un procedimento particolare, di gran lunga più complesso e articolato di quello previsto per l’approvazione delle Leggi ordinarie. Infatti, l’art. 138 prevede che per modificare la Costituzione sia necessaria: 1) la doppia approvazione da parte di ciascuna camera (Camera dei Deputati e Senato della Repubblica) a maggioranza assoluta dei relativi componenti; inoltre, e qui veniamo al caso che ci occupa, entro tre mesi dalla relativa pubblicazione, le leggi di revisione costituzionale devono essere sottoposte a referendum popolare, se richiesto da 1/5 dei membri di una Camera o 500.000 elettori o 5 Consigli Regionali; la legge sottoposta a referendum popolare può essere promulgata, dunque divenire efficace a tutti gli effetti, se è approvata dalla maggioranza dei voti validi (IL REFERENDUM COSTITUZIONALE NON RICHIEDE ALCUN QUORUM, l’esito del voto sarà valido a prescindere dal numero di persone che si recheranno alle urne – a differenza del referendum abrogativo previsto dall’art. 75 Cost. ); 2) «non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti» (ipotesi molto difficile).

COSA SI VOTA? Il referendum deciderà, con un semplice SI o NO, se siamo a favore o contrari alla riforma costituzionale.

ATTENZIONE: Non c’è nessun vincolo di legge che impone al Primo Ministro di dimettersi in caso di fallimento del Referendum.

1) BICAMERALISMO PERFETTODal 1948 ad oggi, abbiamo sempre avuto due Camere: la Camera dei Deputati (630 Deputati) e il Senato della Repubblica (315 Senatori). Entrambe vengono elette direttamente dai cittadini. Entrambe hanno identici poteri, ivi compreso quello relativo all’approvazione delle leggi. Un disegno di legge o progetto di legge perché divenga LEGGE A TUTTI GLI EFFETTI deve essere approvato NELLO STESSO IDENTICO TESTO da ciascuna delle Camere. Cosa accade nella pratica? Se ad esempio la Camera dei Deputati approva un testo e lo stesso viene poi modificato in sede di approvazione dal Senato, il disegno di legge torna alla Camera dei Deputati, se la stessa non lo approva nell’identica forma approvata dal Senato detto disegno torna nuovamente al Senato, se questo apporta ulteriori modifiche si torna nuovamente alla Camera, e così via potenzialmente all’infinito (il cosiddetto Ping Pong nell’approvazione delle Leggi). E’ chiaro che questo tipo di procedimento nella maggior parte dei casi richiede tempi biblici.

Se vince il Sì? Addio Bicameralismo Perfetto: avremo un Parlamento composto dalla Camera (630 deputati) e il Senato (100 Senatori anziché 315). La Camera dei Deputati sarà l’unica ad avere competenza nell’approvazione della maggior parte delle Leggi: solo per ipotesi limitate e tassative sarà ancora necessaria l’approvazione del Senato. I TEMPI NECESSARI PER L’APPROVAZIONE DELLE LEGGI ORDINARIE SARANNO ALMENO DIMEZZATI (“almeno”, in quanto spesso il “Ping Pong” istituzionale può durare anni). Inoltre la Camera sarà l’unica a votare la fiducia al Governo. Ciò significa che, a differenza di quanto avviene oggi, sarà solo la Camera a decidere se dare o togliere la fiducia al Governo, non servirà più anche la votazione del Senato. Il meccanismo della fiducia votata a maggioranza è il perno del sistema democratico costituzionale. Con la vittoria del SI il nostro Paese si uniformerebbe ai sistemi costituzionali di tutte le democrazie più evolute: GERMANIA, REGNO UNITO, SPAGNA, AUSTRIA (cfr. infra).

2) IL SENATO DEI CENTO. II Senato dei 100 è il nuovo impianto che andrà a sostituire l’attuale Senato della Repubblica. Sarà composto da 100 Senatori invece degli attuali 315. Attualmente, quando andiamo a votare per il Parlamento, votiamo anche i Senatori. I 100 nuovi Senatori, invece, saranno composti da 95 tra consiglieri regionali e sindaci, e 5 nominati dal Presidente della Repubblica. Gli ex-Presidenti della Repubblica saranno in automatico senatori a vita (come già avviene). La filosofia dietro la Riforma è quella di creare un Senato che funzioni principalmente di “raccordo” tra il Territorio e lo Stato centrale, COME AVVIENE IN GERMANIA, AUSTRIA E SPAGNA.

 COSA POTRA’ FARE IL NUOVO SENATO? Il Senato ha piena competenza legislativa (cioè discute, approva e vota insieme alla Camera) SOLTANTO le leggi che riguardano i rapporti tra Stato, Unione Europea e territorio, oltre che su leggi costituzionali, revisioni della Costituzione, leggi sui referendum popolari, leggi elettorali, leggi sulla Pubblica Amministrazione, leggi su organi di Governo, leggi sulle funzioni specifiche di Comuni e Città Metropolitane. Per il resto, può decidere, entro 30 giorni e su richiesta di 1/3 dei suoi componenti, di chiedere alla Camera di modificare una legge. La Camera può decidere di ignorare queste modifiche e votare il disegno di legge superando il Senato: superando ogni immobilismo (UN SISTEMA SIMILE E’ PREVISTO IN FRANCIA). Però, sulle leggi di bilancio o su leggi riguardanti competenze che vengono assegnate esclusivamente alle Regioni, la Camera può bypassare le modifiche del Senato solo con un voto a maggioranza assoluta. Inoltre il Senato, con voto a maggioranza assoluta, può proporre alla Camera di discutere e votare delle leggi proposte dai suoi componenti.

COSA NON POTRA’ FARE IL NUOVO SENATO? Come sopra accennato, il nuovo Senato non voterà più la fiducia al Governo.

CHI SARANNO E COME SARANNO ELETTI I SENATORI? I Senatori, scelti tra i consiglieri regionali ed i sindaci del territorio, saranno eletti «in conformità alle scelte espresse dagli elettori», saranno ripartiti tra le Regioni in base al loro peso demografico. A parte questo, l’elezione dei nuovi Senatori non è ancora normata da una legge specifica. Le modalità di elezione verranno decise da Camera e Senato in un secondo momento. Certo è che i Senatori non saranno più eletti direttamente dai cittadini come fino ad oggi. Inoltre, essendo eletti tra i consiglieri regionali e tra i sindaci, non riceveranno un’indennità per il loro ruolo da Senatori (cioè non avranno due stipendi). Tuttavia, non vi sono norme che regolano i rimborsi-spese, che dovranno essere decisi singolarmente dai regolamenti delle due Camere. Cosa succede se vince il Sì? Il Senato dei 100 (95+5) diventa il nuovo Senato. Avrà competenza legislativa solo nelle materie sopra specificate e non voterà più la fiducia al Governo. Funzionerà da legame tra il Territorio e lo Stato centrale. I nuovi Senatori non prenderanno lo stipendio da parlamentari. Cosa succede se vince il No? Manteniamo l’attuale Senato, con 315 Senatori eletti direttamente dai cittadini, questi parteciperanno al procedimento di approvazione di tutte le leggi, voteranno la fiducia al Governo, prenderanno lo stipendio da parlamentari.

 3) IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA. Con la Riforma cambia anche il modo in cui viene eletto il Presidente della Repubblica. L’elezione rimane sempre di competenza di Deputati e Senatori, ma diversi aspetti della votazione sono stati modificati.

4) IL VOTO IN DATA CERTA. Nella Riforma è presente un meccanismo per consentire l’approvazione rapida di un disegno di legge reputato essenziale per l’attuazione del programma di Governo. In altre parole,  il Governo può chiedere alla Camera una “via preferenziale” per l’approvazione di una data legge. La Camera ha tempo 5 giorni per accogliere questa richiesta e, se lo fa, deve discutere e approvare tale legge entro 70 giorni (con massimo 15 giorni di rinvio). Questa possibilità non è prevista per le leggi di competenza del Senato, oltre a una serie di leggi essenziali e non discutibili in tempi brevi (in particolare: le leggi elettorali, la ratifica dei trattati internazionali, le leggi di amnistia e indulto, le leggi di bilancio).

5) LA COERENZA DI CONTENUTO DEI DECRETI LEGGE. Tra le varie norme legate alle leggi, un aspetto interessante riguarda i decreti legge (cioè gli atti aventi forza di legge proposti dal Governo e che sono provvisoriamente esecutivi ma necessitano di approvazione dal Parlamento entro 60 giorni: se non vi è approvazione decadono, se vi è approvazione diventano definitivi – Art. 77 Cost.). In virtù della riforma in discorso i decreti legge devono contenere «misure di immediata applicazione e di contenuto specifico, omogeneo e corrispondente al titolo». La ratio è quella di limitare l’abuso dei decreti legge da parte del Governo e impedire che questi provvedimenti possano riguardare tematiche totalmente diverse tra loro (esempio: decreto legge che contiene norme in materia di tassazione sugli immobili, norme in materia sanitaria, norme in materia scolastica). Il contenuto, perciò, dev’essere coerente con la tematica specifica su cui si decide di intervenire. Infatti, «non possono essere approvate disposizioni estranee all’oggetto o alle finalità del decreto». Un classico esempio di “decreto minestrone” riguarda il cosiddetto decreto milleproroghe, nato come strumento eccezionale (ma poi diventato prassi nell’ultimo decennio) che contiene tutte quelle disposizioni urgenti da risolvere entro l’anno in corso. Cosa succede se vince il Sì? Viene inserito l’obbligo costituzionale, per i decreti legge, di coerenza nel contenuto e l’impossibilità di votare disposizioni non omogenee. Cosa succede se vince il No? Semplicemente, non viene inserito questo obbligo nella Costituzione.

6) ABOLIZIONE DELLE PROVINCE. Con la Riforma, le province vengono definitivamente abolite. Tutte le loro competenze vengono ripartite tra Comuni, Città Metropolitane, Regioni e Stato. “Ma non erano già state abolite? Se ne parla da una vita!” Non proprio. Nel corso degli anni, sono state discusse e/o approvate una serie di leggi che hanno progressivamente svuotato il contenuto degli enti provinciali (tra cui, degna di nota, è la più recente legge Delrio). Per l’abolizione definitiva è necessaria una modifica della Costituzione, che è stata definitivamente approvata con la questa Riforma. Cosa succede se vince il Sì? Addio province, per sempre. Cosa succede se vince il No? Le province non vengono formalmente abolite del tutto, ma mantengono la struttura prevista dalla legge Delrio.

7) ABOLIZIONE DEL C.N.E.L. Il C.N.E.L., ovvero Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, è un ente statale che ha la possibilità di proporre iniziative legislative (limitatamente alle sue competenze: economia e lavoro) e di fornire pareri su questi argomenti. Tali pareri non sono vincolanti, e vengono forniti solo se richiesti o dal Governo, o dalle Camere o dalle Regioni. È stato ritenuto da molte parti un “ente inutile” (visto che le sue competenze sono compiute anche da altri organi statali), e negli anni ne è stata richiesta più volte l’abolizione. Siccome si tratta di un ente previsto costituzionalmente, lo si può abolire solo con una legge costituzionaleCosa succede se vince il Sì? Addio CNEL con risparmio di circa 20 milioni l’anno. Cosa succede se vince il No? Il CNEL rimane in piedi.

8) COMPETENZE DELLO STATO E DELLE REGIONI. La Riforma ridefinisce le competenze dello Stato e delle Regioni, e regola in particolare i relativi rapporti. Fino ad oggi, le competenze su tutto ciò che è di interesse pubblico erano suddivise in due modi: “esclusive” (cioè riguardanti o solo le Regioni, o solo lo Stato) e “concorrenti” (cioè su cui hanno competenza le Regioni, ma con diversi princìpi fondamentali dettati dallo Stato). Questo sistema ha creato forti impasse permettendo ad alcune Regioni di bloccare interventi di interesse nazionale. Con la Riforma, la definizione di “competenza concorrente” viene eliminata, mantenendo solo il concetto di competenza esclusiva. Con l’eliminazione della competenza concorrente, buona parte delle competenze va riassegnata o ridistribuita. Viene introdotta, però, la cosiddetta “clausola di supremazia”, in base alla quale la legge dello Stato – su proposta del Governo – può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva di Stato o Regione, se ritiene sia necessaria una «tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica ovvero la tutela dell’interesse nazionale». Lo Stato può perciò agire sulle competenze non esclusive (quelle che erano regolate dalla “competenza concorrente”), nei casi in cui è necessario un intervento per l’unità giuridica/economica dello Stato, o di più generico “interesse nazionale”. Inoltre, viene introdotto il cosiddetto “regionalismo differenziato”. Alle Regioni (tranne quelle a Statuto Speciale e alle Province Autonome di Trento e Bolzano) possono essere attribuite particolari forme di autonomia, a condizione che presentino un equilibrio di bilancio tra le entrate e le spese. La legge per attuare il regionalismo differenziato dev’essere approvata da entrambe le Camere, oltre a necessitare un continuo dialogo tra Stato e Regione interessata.Cosa succede se vince il Sì? Le competenze dello Stato e delle Regioni vengono profondamente riviste e modificate, insieme ai rapporti tra le due entità e alla possibilità di avere più o meno autonomia. Cosa succede se vince il No? Le spartizione delle competenze tra Stato e Regioni restano invariate (in particolare rimane la “competenza concorrente” e tutte le sue implicazioni).

9) LEGGI DI INIZIATIVA POPOLARE. Fino ad oggi, per fare una proposta di legge di iniziativa popolare era richiesto, oltre al testo della legge redatto in articoli, la firma di 50.000 elettori. Con la Riforma, sono richieste 150.000 firme, ma con la garanzia (che è una garanzia, essendo prevista dalla Costituzione) che tale legge verrà discussa e votata in ParlamentoCosa succede se vince il Sì? Sale a 150.000 il numero di firme per una proposta di legge di iniziativa popolare, con la garanzia che tale legge venga discussa e votata in ParlamentoCosa succede se vince il No? Il numero di firme rimane 50.000, ma senza il vincolo costituzionale di discussione e voto (mai stata approvata una legge di iniziativa popolare nella storia della Repubblica).

10) NORME SUI REFERENDUM. Nella Riforma vengono aggiunte e modificate alcune regole relative ai referendum. Innanzitutto, per i referendum abrogativi rimane il limite di quorum al 50%+1 degli aventi diritto al voto, in altre parole se non si recano alle urne il 50%+1 degli aventi diritto la consultazione popolare non è valida. Tuttavia, se sono almeno 800.000 gli elettori a richiedere il referendum abrogativo, il quorum si abbassa al 50%+1 dei votanti alle ultime elezioni per la Camera dei Deputati. Attualmente sono circa 50 milioni gli italiani che possono votare. Alle ultime elezioni politiche (2013) hanno votato, per la Camera, poco più di 34 milioni di elettori. Se un ipotetico referendum abrogativo venisse richiesto da 800.000 elettori, basterebbero circa 17 milioni di elettori + 1 (il 34% di tutti gli elettori) per rendere valido il referendum. All’ultimo referendum sulle trivelle hanno votato esattamente 15.806.788 elettori. Se fosse stato richiesto da 800.000 elettori e non dalle Regioni, con poco più un milione di voti il referendum avrebbe superato il quorum. A parte questo, viene introdotto un nuovo tipo di referendum: il referendum “propositivo” (detto anche “di indirizzo”). Con questo referendum, la popolazione può richiedere al Parlamento di emanare una nuova legge su un tema particolare (è diverso quindi dalla sopracitata legge di iniziativa popolare: quella richiede un testo già fatto e redatto in articoli!)Cosa succede se vince il Sì? Si inseriscono delle modifiche al quorum per i referendum abrogativi, e viene introdotto il referendum propositivo (o “di indirizzo”). Cosa succede se vince il No? Rimangono inalterate le regole sui referendum, senza nessuna aggiunta.

11) LE QUOTE ROSA. La parità di genere nelle Camere e nelle Regioni viene stabilita costituzionalmente: con la Riforma, infatti, viene promosso “l’equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza”. Questo significa che lo Stato e le Regioni devono avere delle norme appropriate per garantire la parità di genere nei consigli regionali, nella Camera e nel Senato. Quasi certamente, ciò si tradurrà in apposite regole nelle leggi elettorali che consentano l’equilibrio tra uomini e donne. Per la Camera dei Deputati, esiste già una norma nell’Italicum che prevede la possibilità di esprimere sulla scheda elettorale due preferenze “di genere” dalle liste presentate (se vengono scelte entrambe, devono per forza essere un uomo e una donna). Per le Regioni, servirà una nuova norma. Cosa succede se vince il Sì? Diventa obbligatoria, nell’elezione delle Camere e dei Consigli Regionali, la parità di genere. Cosa succede se vince il No? Non viene introdotta alcuna quota rosa obbligatoria.

12) LA CORTE COSTITUZIONALE. La Corte Costituzionale, ente supremo che vigila sulla Costituzione e sulla sua applicazione, è composta da 15 giudici: 5 eletti dal Presidente della Repubblica, 5 eletti dalla magistratura e 5 eletti dalle Camere in seduta comune. Con la Riforma, cambia solo che i 5 giudici che oggi sono eletti insieme dalle due Camere vengono eletti separatamente: 3 alla Camera, 2 al Senato. Inoltre, la Riforma introduce la possibilità di sottoporre alla Corte Costituzionale le leggi elettorali per accertarne la legittimità (questa norma è stata pensata dopo la bocciatura del Porcellum per palese incostituzionalità).Cosa succede se vince il Sì? I 5 giudici della Corte vengono eletti separatamente: 3 dalla Camera, 2 dal Senato. La Corte ha, inoltre, la possibilità di giudicare preventivamente la legittimità delle leggi elettoraliCosa succede se vince il No? I 5 giudici della Corte vengono eletti dalle Camere in seduta comune, e non vi è la possibilità di giudicare preventivamente le leggi elettorali.

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CONCLUSIONI E COMPARAZIONE CON ALTRI SISTEMI COSTITUZIONALI

Quale è il senso della riforma costituzionale? Tra le altre cose, la velocizzazione dell’iter legis così da poter rispondere con prontezza alle esigenze del Paese. SE PASSA IL SI, la maggioranza delle leggi saranno approvate dalla sola Camera dei Deputati, la quale sarà anche l’unica a votare la fiducia al Governo. Paesi Europei con sistema costituzionale simile a quello cui tende la riforma in discorso: GERMANIA, il BUNDESTANG (Camera bassa, eletta a suffragio universale) vota la fiducia al Cancelliere e approva tutte le leggi, salvo quelle di competenza dei Lander (autonomie locali: semplificando molto, un po’ le nostre Regioni), per le quali serve anche l’approvazione del BUNDESTRAT (Camera alta, che rappresenta appunto i Lander); REGNO UNITO, il potere di fare le leggi spetta alla sola CAMERA DEI COMUNI (Camera bassa, eletta a suffragio universale); SPAGNA, le leggi sono fatte dal CONGRESSO (Camera bassa, eletta a suffragio universale); AUSTRIA; il potere legislativo spetta al CONSIGLIO NAZIONALE (Camera bassa, eletta a suffragio universale), mentre il BUNDESTRAT legifera solo sulle materie di competenza dei Lander.

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Avv. Emanuele Doria
Avvocato
Avvocato. Laurea in Giurisprudenza presso l’Università La Sapienza di Roma. Scrive online su aggiornamenti e novità giurisprudenziali. Svolge assistenza e consulenza legale in materia di Diritto Civile, Diritto del Lavoro, Responsabilità ed Errore medico, Assicurazioni e Risarcimento Danni, Diritto di Famiglia (Separazioni, Divorzi), Recupero Crediti nella provincia di Frosinone, Fori di Cassino, Frosinone e Roma.
Ha maturato una particolare esperienza in materia di Risarcimento danni da incidenti stradali gravi e mortali nonchè in materia di Diritto Sanitario, Risarcimento danni per Malasanità ed Errore medico. Tutela le vittime di sinistri stradali, nonchè le vittime di malasanità, curando in prima persona i rapporti con le compagnie di assicurazione. Chiama per un appuntamento: +39 3288321751

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