La sentenza del Tribunale di Frosinone, Sez. Lav., 22 aprile 2015, n. 366 va a colmare un totale vuoto giurisprudenziale con riferimento alla natura da riconoscersi all’INDENNITA’ DI NON CONCORRENZA, con tutte le conseguenze del caso.
Per la prima volta in Italia, il Tribunale di Frosinone ha chiarito che detta INDENNITA’, ai sensi dell’art. 1751-bis comma 2 c.c., non ha natura provvigionale ma RISARCITORIA, non rappresenta un compenso per l’attività promozionale svolta dall’agente di commercio ma il risarcimento del pregiudizio che egli sopporta per la limitazione di attività derivante dal patto di non concorrenza (c.d. lucro cessante e mancato guadagno), dunque, conformemente a questa ricostruzione, l’indennità di non concorrenza non è soggetta ad IVA in quanto non costituisce il corrispettivo della prestazione di un servizio (Cfr. Agenzia delle Entrate nota n. 179539 del 2001) e, quando è percepita dopo la cessazione del rapporto di agenzia, è ricondotta fiscalmente entro i REDDITI DIVERSI di cui all’art. 67 del TUIR. Detta indennità rientra quindi nel reddito imponibile in quanto diretta a risarcire l’agente del c.d. lucro cessante MA NON E’ QUALIFICABILE QUALE REDDITO DA LAVORO AUTONOMO ai sensi dell’art. 49 comma 1 del TUIR, PERTANTO NON E’ SOGGETTA A CONTRIBUZIONE INPS.
Nonostante la chiarezza del dato normativo, sino ad oggi non erano intervenute pronunce giudiziali in merito, mentre la dottrina restava divisa tra chi riteneva che l’indennità avesse comunque natura reddituale e dovesse quindi assoggettarsi ad IVA e contribuzione previdenziale, e chi sosteneva il contrario.
La stessa sentenza ha inoltre ribadito l’orientamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sentenze n. 15063/2002 e n. 17394/2002) secondo cui la dichiarazione dei redditi del contribuente affetta da errore, sia esso di fatto che di diritto, commesso dal dichiarante nella sua redazione è in linea di principio emendabile e ritrattabile quando dalla medesima possa derivare l’assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico.
Nel caso di specie, il ricorrente impugnava un avviso di addebito INPS con il quale veniva lui imputato il pagamento di contributi, interessi e sanzioni, derivanti dall’iscrizione d’ufficio nella Gestione Separata INPS. Lo stesso ricorrente allegava e dimostrava di avere commesso un errore in sede di dichiarazione dei redditi, in quanto pur avendo dichiarato di essere un lavoratore autonomo aveva svolto attività di agente di commercio (DUNQUE ATTIVITA’ IMPRENDITORIALE), pertanto mancava il requisito oggettivo – SVOLGIMENTO DI ATTIVITA’ DI LAVORO AUTONOMO – per l’iscrizione nella Gestione separata.
Inoltre, deduceva e provava come gli importi oggetto della dichiarazione erronea erano stati percepiti a titolo di indennità di non concorrenza.
Il tribunale ha accolto entrambi i motivi di ricorso revocando l’avviso di addebito impugnato.
Per la prima volta in Italia, il Tribunale di Frosinone ha chiarito che detta INDENNITA’, ai sensi dell’art. 1751-bis comma 2 c.c., non ha natura provvigionale ma RISARCITORIA, non rappresenta un compenso per l’attività promozionale svolta dall’agente di commercio ma il risarcimento del pregiudizio che egli sopporta per la limitazione di attività derivante dal patto di non concorrenza (c.d. lucro cessante e mancato guadagno), dunque, conformemente a questa ricostruzione, l’indennità di non concorrenza non è soggetta ad IVA in quanto non costituisce il corrispettivo della prestazione di un servizio (Cfr. Agenzia delle Entrate nota n. 179539 del 2001) e, quando è percepita dopo la cessazione del rapporto di agenzia, è ricondotta fiscalmente entro i REDDITI DIVERSI di cui all’art. 67 del TUIR. Detta indennità rientra quindi nel reddito imponibile in quanto diretta a risarcire l’agente del c.d. lucro cessante MA NON E’ QUALIFICABILE QUALE REDDITO DA LAVORO AUTONOMO ai sensi dell’art. 49 comma 1 del TUIR, PERTANTO NON E’ SOGGETTA A CONTRIBUZIONE INPS.
Nonostante la chiarezza del dato normativo, sino ad oggi non erano intervenute pronunce giudiziali in merito, mentre la dottrina restava divisa tra chi riteneva che l’indennità avesse comunque natura reddituale e dovesse quindi assoggettarsi ad IVA e contribuzione previdenziale, e chi sosteneva il contrario.
La stessa sentenza ha inoltre ribadito l’orientamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sentenze n. 15063/2002 e n. 17394/2002) secondo cui la dichiarazione dei redditi del contribuente affetta da errore, sia esso di fatto che di diritto, commesso dal dichiarante nella sua redazione è in linea di principio emendabile e ritrattabile quando dalla medesima possa derivare l’assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico.
Nel caso di specie, il ricorrente impugnava un avviso di addebito INPS con il quale veniva lui imputato il pagamento di contributi, interessi e sanzioni, derivanti dall’iscrizione d’ufficio nella Gestione Separata INPS. Lo stesso ricorrente allegava e dimostrava di avere commesso un errore in sede di dichiarazione dei redditi, in quanto pur avendo dichiarato di essere un lavoratore autonomo aveva svolto attività di agente di commercio (DUNQUE ATTIVITA’ IMPRENDITORIALE), pertanto mancava il requisito oggettivo – SVOLGIMENTO DI ATTIVITA’ DI LAVORO AUTONOMO – per l’iscrizione nella Gestione separata.
Inoltre, deduceva e provava come gli importi oggetto della dichiarazione erronea erano stati percepiti a titolo di indennità di non concorrenza.
Il tribunale ha accolto entrambi i motivi di ricorso revocando l’avviso di addebito impugnato.