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Massima
“Il lavoratore che richieda il risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale (nella specie, danno da demansionamento) deve produrre specifica allegazione dell’esistenza di un pregiudizio oggettivamente accertabile, posto che tale diritto non sorge automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale”.
La Suprema Corte si è attenuta al principio di diritto, dettato in tema di risarcimento del danno non patrimoniale derivante da demansionamento e dequalificazione secondo il quale “il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale, non ricorre automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale e non può prescindere da una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo del giudizio, dell’esistenza di un pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile) provocato sul fare reddituale del soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all’espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno. Tale pregiudizio non si pone quale conseguenza automatica di ogni comportamento illegittimo rientrante nella suindicata categoria, cosicchè non è sufficiente dimostrare la mera potenzialità lesiva della condotta datoriale, incombendo sul lavoratore non solo di allegare il demansionamento ma anche di fornire la prova ex art. 2697 c.c. del danno non patrimoniale e del nesso di causalità con l’inadempimento datoriale“: Cass. n. 19785/2010. Conformi: Cass. n. 4712/2012; n. 6797/2013.