La Corte di Legittimità torna sul tema statuendo che “la cessazione dell’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non autosufficienti deve essere fondata su un accertamento di fatto che abbia riguardo all’età, all’effettivo conseguimento di un livello di competenza professionale e tecnica, all’impegno rivolto verso la ricerca di un’occupazione lavorativa ed, in particolare, alla complessiva condotta personale tenuta dal raggiungimento della maggiore età da parte dell’avente diritto“
Specifica la Cassazione che, per costante indirizzo giurisprudenziale, l’obbligo dei genitori di concorrere al mantenimento dei figli, a norma degli artt. 147 e 148 c.c., non cessa ipso facto con il raggiungimento della maggiore età da parte di questi ultimi, ma il genitore che agisca nei confronti dell’altro per il riconoscimento del diritto al mantenimento in favore dei figli maggiorenni deve allegare il fatto costitutivo della mancanza di indipendenza economica, in caso di contestazione, deve dare prova di tale circostanza mediante presunzioni desumibili dai fatti che l’attore ha l’onere di introdurre nel processo.
Può essere accertato il venir meno del diritto al mantenimento, qualora il figlio, abusando di quel diritto, tenga un comportamento di inerzia o di rifiuto ingiustificato di occasioni di lavoro (ovvero di colpevole negligenza nel compimento del corso di studi intrapreso) e, quindi, di disinteresse nella ricerca dell’indipendenza economica.
Il genitore interessato alla declaratoria di cessazione dell’obbligo di mantenimento è tenuto a provare che il figlio ha raggiunto l’indipendenza economica, ovvero che il mancato svolgimento di un’attività produttiva di reddito (o il mancato compimento del corso di studi) dipende da un atteggiamento di inerzia ovvero di rifiuto ingiustificato dello stesso, il cui accertamento non può che ispirarsi a criteri di relatività, in quanto necessariamente ancorato alle aspirazioni, al percorso scolastico, universitario e postuniversitario del soggetto ed alla situazione attuale del mercato del lavoro, con specifico riguardo al settore nel quale il soggetto abbia indirizzato la propria formazione e la propria specializzazione (tra le tante, Cass. 15756/2006) e in tal caso, mediante l’allegazione di circostanze di fatto da cui desumere in via presuntiva l’estinzione dell’obbligazione dedotta. Naturalmente, la valutazione delle circostanze che giustificano la ricorrenza o il permanere dell’obbligo dei genitori al mantenimento dei figli maggiorenni va effettuata dal giudice del merito, necessariamente, caso per caso e con criteri di rigore proporzionalmente crescente in rapporto all’età dei beneficiari, in modo da escludere che tale obbligo assistenziale, sul piano giuridico, possa essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, al di là dei quali si risolverebbe in forme di parassitismo di ex giovani ai danni dei loro genitori sempre più anziani (Cfr. Cass. n. 12477/2004).
Nel caso di specie.
La Suprema Corte ha precisato che la situazione soggettiva del figlio che, rifiutando ingiustificatamente in età avanzata di acquisire l’autonomia economica tramite l’impegno lavorativo e negli studi, comporti il prolungamento del diritto al mantenimento da parte dei genitori, o di uno di essi, non è tutelabile perché contrastante con il principio di auto responsabilità.
Nello specifico, precisa la Cassazione che, quanto alla figlia G., la Corte di appello non ha dato alcun rilievo al raggiungimento dell’obiettivo professionale perseguito dalla medesima con successo e alla natura esclusivamente personale della scelta successiva di proseguire gli studi oltre l’ordinaria esigenza di specializzazione e pratica successiva alla laurea. Intento senz’altro lodevole ma che deve essere accompagnato da un corrispondente impegno verso la ricerca di una o più occupazioni dirette al conseguimento dell’indipendenza economica.
Raggiunta un’età inequivocabilmente da ritenersi adulta, quale quella dei due figli del ricorrente (TRENTENNI), l’obbligo di mantenimento non può essere correlato esclusivamente al mancato rinvenimento di un’occupazione del tutto coerente con il percorso di studi. L’attesa o il rifiuto di occupazioni non perfettamente corrispondenti alle aspettative possono costituire, se non giustificate, indici di comportamenti inerziali non incolpevoli, con conseguente esclusione del diritto a continuare a ricevere il mantenimento.
Avv. Emanuele Doria.