Massima
L’omessa diagnosi delle malformazioni del feto determina la lesione del diritto all’autodeterminazione procreativa della gestante consistente:
- nella opportunità di valutare se interrompere o meno la gravidanza:
- altresì nella possibilità di prepararsi, psicologicamente e materialmente, alla nascita di un bambino affetto da gravi patologie e pertanto necessitante di particolare accudimento.
Incorre in responsabilità civile l’azienda ospedaliera o il medico che, avendo colposamente omesso la diagnosi delle malformazioni del feto, abbiano leso il diritto all’autodeterminazione procreativa della gestante, anche nell’ipotesi in cui dovesse essere successivamente accertato che quest’ultima, ove correttamente informata, non avrebbe comunque interrotto la gravidanza.
Il caso
Due coniugi agivano in giudizio nei confronti della struttura sanitaria per ottenere il risarcimento del danno derivante dalla omessa diagnosi della patologia congenita sofferta dalla loro figlia.
Per quello che qui interessa gli attori lamentavano la violazione del diritto all’autodeterminazione.
I giudici di merito rilevavano che la gestante non aveva provato che, qualora fosse stata informata delle gravi patologie del feto, avrebbe manifestato la volontà di ricorrere all’interruzione della gravidanza e, inoltre, che gli attori non avevano provato la ricorrenza delle condizioni legittimanti l’interruzione volontaria della gravidanza.
In particolare, la Corte d’Appello richiamava, a sostegno della propria decisione, la sentenza della Cassazione Civile, Sezioni Unite, 22 dicembre 2015 n. 25767 che avevano affermato che non si possa presumere che la gestante scelga sempre di interrompere la gravidanza ove informata delle gravi malformazioni del feto e che incombe sulla madre, quindi, l’onere di provare che avrebbe esercitato la facoltà d’interrompere la gravidanza – ricorrendone le condizioni di legge – ove fosse stata tempestivamente informata dell’anomalia fetale.
La questione
La Cassazione torna ad affrontare il tema del risarcimento conseguente alla omessa diagnosi di malformazioni fetali: è necessario fornire la prova della volontà abortiva della madre, ove fosse stata correttamente informata della presenza di malformazioni, oppure non è richiesta la prova della volontà abortiva potendo essere tutelato anche il diritto alla autodeterminazione procreativa, consistente nella necessità di prepararsi psicologicamente e materialmente alla nascita di un bambino affetto da patologie?
Le soluzioni giuridiche
Con la sentenza oggetto di commento, la Suprema Corte riconosce il risarcimento in favore della madre a prescindere dalla prova della volontà abortiva, tutelando così il diritto alla autodeterminazione procreativa, ovvero la possibilità di scegliere di non abortire e di prepararsi, psicologicamente e materialmente, alla nascita di un bambino affetto da gravi patologie.
Osservazioni
Con la sentenza oggetto di commento la Cassazione afferma invece che, in caso di omessa diagnosi di malformazione fetale, l’indagine del giudice di merito non debba essere incentrata solo sull’omesso esercizio del diritto alla interruzione di gravidanza, ma anche sul pregiudizio al diritto alla autodeterminazione procreativa dei futuri genitori.
In questo senso, verrebbe meno il tema della “nascita indesiderata” perché il presupposto del diritto alla autodeterminazione procreativa è invece la scelta consapevole di portare avanti la gravidanza e di avere il tempo per prepararsi psicologicamente e materialmente, alla nascita di un bambino affetto da gravi patologie.