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La Centrale Rischi è una sorta di registro pubblico tenuto dalla Banca d’Italia, la cui funzione è quella di creare un sistema informativo al quale affluiscano i dati e le notizie relativi agli affidamenti concessi da ciascun intermediario finanziario ai propri clienti, con l’obiettivo di controllare in modo puntuale la gestione del rischio del credito ed accrescere la stabilità del sistema creditizio e finanziario nel suo complesso.

In altre parole, mira a consentire agli istituti bancari la valutazione della solvibilità dei propri clienti (attuali e potenziali).

Vi è dunque un interesse pubblico a venire a conoscenza della solvibilità dei clienti delle banche, interesse prevalente rispetto a al diritto dell’imprenditore o del privato all’immagine, alla reputazione ed alla riservatezza.

Laddove non siano invece ravvisabili effettive esigenze di avvertimento del mercato, in quanto il soggetto non è in una situazione di sofferenza, l’interesse pubblico non sussiste e lo segnalazione operata dall’intermediario perde le connotazioni della legittimità giuridica, assumendo quelle dell’illecito produttivo di danno.

Tanto premesso, si specifica che l’impianto normativo che disciplina il servizio di centralizzazione dei rischi creditizi gestito dalla Banca d’Italia è costituito dalla delibera del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (C.I.C.R.) del 29 marzo 1994 (G.U. 20.4.1994, n.91), assunta ai sensi degli artt. 53 comma 1° lettera b), 67 comma 1° lettera b) e 107 comma 2° del D.Lgs 1 settembre 1993, n.385 (il Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia), nonché dalle istruzioni emanate dalla stessa Banca d’Italia in conformità della delibera medesima e trasfuse nella Circolare n.139 dell’11 febbraio 1991 e successivi aggiornamenti.

L’art.5, sezione 2, capitolo II della citata Circolare  indica tra le “sofferenze” suscettibili di iscrizione “l’intera esposizione per cassa nei confronti di soggetti in stato di insolvenza, anche non accertato giudizialmente, o in situazioni sostanzialmente equiparabili “, aggiungendo, altresì, che “l’appostazione a sofferenza implica una valutazione da parte dell’intermediario della complessiva situazione finanziaria del cliente e non può scaturire automaticamente da un mero ritardo di quest’ultimo nel pagamento del debito“; il tutto fermo restando che il concetto di stato d’insolvenza va inteso come “incapacità non transitoria di adempiere alle obbligazioni assunte anche sulla scorta di un condivisibile orientamento della giurisprudenza di legittimità e di merito“. Tale nozione non si identifica con quella dell’insolvenza fallimentare, dovendosi piuttosto far riferimento ad una valutazione negativa della situazione patrimoniale, apprezzabile come “deficitaria”, ovvero come “grave difficoltà economica”, senza quindi alcun riferimento al concetto di incapienza ovvero di “definitiva irrecuperabilità” (cfr. Cass. civ. sez.I, 12.10.2007, n.21428; conformi la già citata pronuncia del Tribunale di Foggia del 19.12.2003 e quella del Tribunale di Catania del 2.4.2003, che evidenziano, per l’appunto, la necessità di non rifarsi al concetto di insolvenza di cui all’art.5 L. Fall; Cass.civ., sez.I, 1.4.2009, n.7958).

Le banche hanno dunque un obbligo di diligenza che implica:

1) l’esecuzione di apposite indagini sul cliente, in virtù dei principi su descritti;

2) la comunicazione preventiva al cliente delle risultanze di tali indagini, così da creare un contraddittorio che possa permettere la difesa, prima della segnalazione, che ove infondata, risulterebbe notevolmente dannosa.

In altre parole, la segnalazione alla Centrale Rischi è sempre illegittima e dannosa ove le banche abbiano dato luogo ad all’automatica denuncia di un mero inadempimento, senza avere eseguito istruttoria, nei termini su specificati, e senza avere creato il contraddittorio con il cliente.

Quali gli strumenti a disposizione per tutelarsi avverso una segnalazione illegittima?

Quanto all’ottenimento della cancellazione presso la Centrale Rischi, la giurisprudenza di legittimità e di merito è da tempo orientata per l’esperibilità della tutela cautelare residuale di cui all’art. 700 c.p.c. (in questo senso, cfr. la recente ordinanza del Tribunale di Milano del 16 giugno 2015).

Tuttavia, resta scontato come la tutela risarcitoria debba necessariamente passare per un ordinario giudizio di cognizione, pertanto, ove si abbia anche interesse ad ottenere il risarcimento, la via percorribile sarebbe quella di instaurare un giudizio ordinario, chiedendo contestualmente in via cautelare d’urgenza la cancellazione dell’iscrizione pregiudizievole.

Quanto alla competenza, sembra potersi affermare che dovrebbe trovare applicazione il foro del presunto danneggiato: ciò in virtù dell’applicazione dell’art. 20 c.p.c., intendendosi quale forum commissi delicti quello in cui l’illecito ha prodotto il danno (in questo senso cfr. Tribunale Nocera Inferiore sez. II, 23/05/2011).

Venendo ora ai profili risarcitori, non vi è dubbio che una illegittima segnalazione possa dare luogo sia a danni patrimoniali (si pensi alla chiusura delle linee di credito per le imprese) che a danni non patrimoniali, conseguenti alla violazione dei diritti della personalità costituzionalmente garantiti, quali quelli dell’onore e della reputazione professionale/commerciale, ovvero all’immagine.

Quanto alla prova, ovvio che nel caso del danno patrimoniale, lo stesso debba essere opportunamente allegato e provato dall’istante.

Un discorso più articolato merita la prova del danno non patrimoniale, in quanto da un originario orientamento giurisprudenziale volto a considerare tale danno in re ipsa, quale automatica conseguenza di una illegittima iscrizione alla Centrale Rischi, si è passati ad un orientamento di segno opposto, ormai consolidato, in virtù del quale il presunto danneggiato è comunque tenuto ad allegare e provare il danno, nonchè il nesso causale tra la segnalazione operata dalla banca e lo stesso, sia pure con il temperamento che la prova possa essere fornita a mezzo di presunzioni semplici e che il risarcimento possa avvenire secondo equità.

In questo senso, da ultimo la Corte di Cassazione ha statuito che: <<in caso di illecito trattamento dei dati personali, nella fattispecie per illegittima segnalazione alla Centrale dei rischi, il pregiudizio non patrimoniale non può mai essere “in re ipsa”, ma deve essere allegato e provato da parte dell’attore, a pena di uno snaturamento delle funzioni della responsabilità aquiliana. La posizione attorea è tuttavia agevolata dall’onere della prova più favorevole, come descritto all’art. 2050 c.c., rispetto alla regola generale del danno aquiliano, nonché dalla possibilità di dimostrare il danno anche solo tramite presunzioni semplici e dal risarcimento secondo equità. La tendenza al rifiuto dei danni “in re ipsa” è dunque costante>> (Così Cass. Sez. III Civ, 05 marzo 2015,  n. 4443).

Concludendo, si da atto di come sia ormai granitico l’orientamento in virtù del quale sia riconosciuta la risarcibilità del danno non patrimoniale anche in capo alle società, per la lesione del diritto all’immagine, all’onore alla reputazione che si verifica in caso  di illegittima segnalazione/iscrizione presso la Centrale Rischi della Banca d’Italia.

Avv. Emanuele Doria

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Avv. Emanuele Doria
Avvocato
Avvocato. Laurea in Giurisprudenza presso l’Università La Sapienza di Roma. Scrive online su aggiornamenti e novità giurisprudenziali. Svolge assistenza e consulenza legale in materia di Diritto Civile, Diritto del Lavoro, Responsabilità ed Errore medico, Assicurazioni e Risarcimento Danni, Diritto di Famiglia (Separazioni, Divorzi), Recupero Crediti nella provincia di Frosinone, Fori di Cassino, Frosinone e Roma.
Ha maturato una particolare esperienza in materia di Risarcimento danni da incidenti stradali gravi e mortali nonchè in materia di Diritto Sanitario, Risarcimento danni per Malasanità ed Errore medico. Tutela le vittime di sinistri stradali, nonchè le vittime di malasanità, curando in prima persona i rapporti con le compagnie di assicurazione. Chiama per un appuntamento: +39 3288321751

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